Il RISCHIO DI FIDARSI
L’uomo è un essere sociale, non può vivere senza mettersi in relazione con altre persone e stabilire rapporti di fiducia con esse. D’altronde l’essere umano è concepito da un atto di amore e fiducia reciproca tra suo padre e sua madre, si forma vivendo per 9 mesi protetto nell’utero e venuto alla luce istintivamente si attacca al seno materno per nutrirsi, poi cresce prima tenuto in braccio e dopo per mano dai genitori.
Grazie alla fiducia che ha in essi il piccolo è aiutato ad entrare nel mondo controllando le sue angosce e timori, ascoltando i suoni dei genitori impara a parlare e quindi a mettersi in relazione con gli altri. Senza fiducia i bambini non imparerebbero a vivere. La “certezza del mondo” per gli esseri umani è dunque rappresentata da diversi fattori: natura, ambiente, comunità; relazione intergenerazionale, reti famigliari, legami sociali; costumi, simboli ed istituzioni.
Le credenze rendono coerente il mondo e le azioni degli uomini, infatti modellando la loro vita su regole comuni (leggi, diritti/doveri e consuetudini) essi sanno cosa aspettarsi gli uni dagli altri. Ne consegue che le istituzioni (parentali e comunitarie) dovrebbero corroborare tali certezze e favorire i rapporti fiduciari diretti tra le persone.
L’uomo dunque per sua natura e predisposto a fidarsi, eppure nel concedere fiducia si espone inevitabilmente alla possibilità che in qualsiasi momento questa venga delusa. In questi tempi purtroppo si sente parlare spesso di “perdita della fiducia” in generale, e di sfiducia nelle istituzioni e nella politica in particolare. La delusione infatti genera dubbi, che possono riguardare sia i valori creduti che la bontà di coloro che li hanno in custodia e ci fanno da guida. Il venire meno della fiducia genera disorientamento e riduzione della coesione sociale, creando tensioni e crisi del sistema paese.
Diverse ricerche sociologiche (Putnam, Cartocci, ecc.) svolte in Italia hanno dimostrato che la qualità della vita democratica di una comunità ed il benessere dei suoi cittadini non sono strettamente legati solo alla ricchezza ed ai beni prodotti (PIL), quanto piuttosto al capitale sociale di cui gli abitanti sono dotati. La dotazione di capitale sociale di una comunità si misura in base: al grado di fiducia dei suoi componenti, al senso di obbligazione e di responsabilità verso gli altri e le istituzioni, alla solidarietà e partecipazione che sono in grado di esprimere.
In sostanza il capitale sociale si traduce in impegno civico, cioè nell’interesse per le questioni riguardanti la vita pubblica e la partecipazione ai problemi della comunità, concretizzandosi in: solidarietà, fiducia reciproca e tolleranza per le opinioni altrui; associazionismo e partecipazione come fondamento della democrazia. Quindi è il deficit di “comunità civica” che compromette sia la qualità della politica e delle istituzioni, sia le opportunità di sviluppo economico.
Non esistono studi specifici circa la dotazione di capitale sociale della comunità sammarinese, tuttavia oggettivamente si può constatare come soprattutto negli ultimi 30-40 anni nella cittadinanza sia: progressivamente cresciuto l’individualismo egoistico e parallelamente siano venute meno il senso di solidarietà, la partecipazione responsabile, la coesione sociale, il senso etico e civico (esempi eclatanti sono la corruzione, il clientelismo, la conflittualità, la mancanza di fiducia e cooperazione su problematiche come l’inquinamento, la gestione dei rifiuti, l’epidemia Covid 19, ecc.). Tutto ciò ha portato al progressivo deterioramento del sistema democratico, sociale ed economico, poiché con ogni probabilità i cittadini hanno selezionato la classe politica non per le sue competenze e qualità morali al servizio del bene comune, ma forse perché ritenuta disponibile a concedere loro privilegi che non gli sarebbero spettati ed acconsentire stili di vita insostenibili.
In cambio di ciò la politica ha preteso di operare indisturbata, ha ricercato solo il consenso e non la condivisione sulle scelte che riguardavano il futuro di tutti, pertanto spesso si è resa disponibile ad ascoltare e soddisfare le richieste dei singoli (clientelismo) e non le esigenze della comunità (partecipazione). Risultato: la Repubblica nata dall’Arengo ha disperso il valore e la pratica della democrazia partecipativa, quindi le istituzioni ed i partiti sono divenuti sempre più autistici perdendo il contatto con il paese reale ed inseguendo i desiderata di pericolosi gruppi di potere.
La deriva democratica e sociale che scatta con la delusione e perdita di fiducia della popolazione può comportare rischi molto gravi nell’attuale momento, in cui la sostenibilità del sistema paese è molto vacillante e si impongono scelte difficili. Si può recuperare la fiducia e ricreare una coesione sociale sulle scelte da farsi solo rafforzando la cittadinanza attiva (insieme di soggetti che si uniscono in forme di autoorganizzazione che comportano l’esercizio di poteri e responsabilità nell’ambito delle politiche pubbliche, al fine di rendere effettivi diritti, tutelare beni comuni e sostenere soggetti in condizioni di debolezza), creando cioè un corpo sociale intermedio capace di controllare ed indirizzare il processo democratico e l’operato delle istituzioni. Poiché come abbiamo visto i cittadini ed il sistema democratico non possono vivere e funzionare senza reciproca fiducia, quindi occorre trovare il modo di non concederla in maniera incondizionata, come è avvenuto sinora con la delega in bianco che le forze politiche hanno ottenuto dopo l’esito elettorale. Pertanto occorre trovare le modalità per cui la cittadinanza sia responsabilmente disponibile a concedere fiducia, ma anche a non accordarla a priori ed in toto.
Occorre dunque stipulare un nuovo patto di cittadinanza che persegua la Responsabilità Sociale Condivisa, cioè una modalità trasparente di cooperazione tra ceto politico e cittadini che, pur nella disparità e divergenza degli interessi, sappia farsi carico dei destini comuni. Con metodi e strumenti condivisi si deve addivenire ad un patto di lealtà, dove ognuno deve rinunciare alla soddisfazione di un interesse immediato (spesso apparente) per il bene di tutti, cioè il bene comune.
Questo è l’obiettivo che si prefigge Arengo Lab.